sono solo pensieri in ordine sparso

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25 aprile 2014






Giorgio Gaber 


perchè il 25 aprile è
festa della Liberazione, 
la fine della guerra, la fine del ventennio fascita .
l'Italia, 
Repubblica fondata sul lavoro (?).
come 
si puo' NON 
ascoltare questa canzone,
in memoria di tutti quelli che 
hanno data anima e cuore, 
in senso letterale, per un sogno di 
unità e democrazia.
e certa gente si dovrebbe vergognare 
(e sono in tanti) 
anche solo a pensarle certe cose.


8 aprile 2014

esposizione sbagliata























mi accorgo per sbaglio che la mia vita è un casino.
come la mia scrivania. 
sopra c'è di tutto, dentro c'è di tutto.
il pc e il mondo del web, candele,
appunti  fermati su pezzi di carta, un ferro da stiro,
una penna, la scatola del cellulare, cavi vari di collegamento
un libro su come fare il pane pieno di post-it segnalibro, fatture
cartelline, giornali, scatole, cassettine di legno
c'è perfino il libretto delle vaccinazioni e un cm per misurare
così fuori, così dentro.
un casino a cui non so e non voglio mettere ordine
perchè per mettere ordine bisogna buttare all'aria,
bisogna buttare tutto fuori e decidere quello che si tiene 
e quello che si butta.
e mi fa paura pensare a cosa potrei voler buttare.

21 marzo 2014

la giornata mondiale della poesia.....




















Donna

Nessuno può immaginare
Quel che dico quando me ne sto in silenzio
Chi vedo quando chiudo gli occhi
Come vengo sospinta quando vengo sospinta
Cosa cerco quando lascio libere le mie mani.
Nessuno, nessuno sa
Quando ho fame quando parto
Quando cammino e quando mi perdo,
nessuno sa che per me andare è ritornare,
e ritornare è indietreggiare
che la mia debolezza è una maschera
e la mia forza è una maschera
e quel che seguirà è una tempesta.
Credono di sapere
Ed io glielo lascio credere
E creo.
Hanno costruito per me una gabbia
affinché la mia libertà fosse una loro concessione
E ringraziassi e obbedissi
Ma io sono libera prima e dopo di loro, con e senza di loro
Sono libera nella vittoria e nella sconfitta
La mia prigione è la mia volontà!
La chiave della prigione è la loro lingua
Tuttavia la loro lingua si avvinghia intorno alle dita del mio desiderio
E al mio desiderio non impartiscono ordini.
Sono una donna.
Credono che la mia libertà sia loro proprietà
Ed io glielo lascio credere
E creo.

Joumana Haddad



credono che la mia libertà sia loro proprietà
ed io glielo lascio credere 
e creo.

queste parole mi fanno pensare, mi fanno molto pensare... a voi?


24 febbraio 2014

4 giorni





musica per l'ascolto
buon volo Francesco...








lo hanno trovato a casa sua.
nel letto, sotto le coperte, vestito di sana pianta, mancavano solo le scarpe.
dopo quattro giorni di assenza qualcuno si è accorto che non era in giro e si è preoccupato.
dopo quattro giorni.
i carabinieri sono andati a cercarlo a casa, hanno sfondato la porta per entrare.
e lui era lì, solo, dentro al letto.
morto.

morto da solo.
certo, era anche vissuto da solo.
morto solo, chissà se ha avuto il tempo di avere paura o se si è addormentato e non si è più svegliato?
gli ultimi anni erano stati duri.
aveva perso i genitori, anziani ma pur sempre genitori.
non aveva moglie o fidanzata.
non aveva fratelli, sorelle, cugini, zii. non aveva nessuno.
non aveva un lavoro, ma era in cassa integrazione.
non aveva amici.
aveva solo quella casa, eredità dei suoi, senza elettricità, senza gas. senza.

e senza nessuno accanto è morto.
e mi sono sentita una merda.
parecchio merda.
sarebbe bastato cercarlo ogni tanto. invitarlo a cena da noi.
anche per il cibo, era dimagrito 20 kg nell'ultimo anno non avendo soldi per fare la spesa, ma soprattutto per parlare con lui  per dargli almeno l'impressione che sapevamo che esisteva, che ci ricordavamo di lui.
e mi sento ancora una merda.

siamo diventati tutti egoisti.
e più affondiamo e più diventiamo egoisti.
e non guardiamo le persone negli occhi, non vogliamo sapere dei loro guai,
non vogliamo provare pena per nessuno perchè se provassimo pena dovremmo fare
qualcosa per alleggerirci la coscienza e non ne abbiamo voglia
siamo diventati egoisti e anche  cattivi.


13 febbraio 2014

un giorno qualunque














non attese il suono della sveglia per alzarsi.
la spense per non disturbare suo marito.
si alzò in silenzio, era ancora buio fuori.
le sei del mattino di un giorno qualunque. per il resto del mondo.
le piaceva l'aria del mattino, quando il buio spariva piano piano e si vedeva alzare la nebbiolina sul fiume.
ma ancora era troppo presto. svegliò  i figli e come tutte le mattine si lavò i denti e la faccia.
mentre strofinava con lo spazzolino incontrò i suoi occhi. distolse subito lo sguardo.
infilò lo spazzolino nel beauty case che aveva preparato la sera prima. si truccò, come tutte le mattine e si mise due gocce di profumo. infilò i pantaloni, il maglione e scese le scale.
mise una tazza di acqua nel microonde e ci versò un cucchiaio di orzo.
come tutte le mattine, un leggero profumo e un po' di acqua sporca da ingurgitare.
dopo 5 minuti scesero, con gli occhi abbottonati di sonno, il cervello ancora addormentato dei ventenni e le facce gonfie.
maschio e femmina, biondo e bruna, occhi chiari identici, lineamenti simili.
gemelli. affiatati. complici.
salirono in auto in silenzio, tutti e tre.
lei fece il conto mentalmente di quello che doveva aver fatto: messo la valigia nel bagagliaio, il beauty case anche, il cellulare nuovo, il libretto di risparmio, carta di identità, patente, documenti vari.
mentre viaggiavano per arrivare alla stazione  si ascoltava la radio, di sottofondo.
non una parola.
aveva una leggera tachicardia ma se la tenne tutta per se.
il cuore batteva come un tamburo, il cervello scalpitava, l'ansia cominciava a salire.
abbassò il volume dello stereo per dire
- ci fermiamo a fare colazione? è presto stamani.
al bar, con la brioche e il cappuccino li guardava. faceva fatica a tenere per se i sentimenti.
quando fecero per andarsene e salutarla lei parlò
- fate i bravi, non mi fate preoccupare e abbiate cura di voi.  vi voglio bene.
gli sfiorò le guance con la mano e quasi quasi una lacrima ce la fece a scappare.
li vide salire sull'autobus mentre la salutavano con la mano e scherzavano fra di loro e con il loro amici.
risalì in auto e partì. si fermò davanti alla banca in attesa dell'apertura.
prese il telefono nuovo e lo accese. aveva lasciato il suo a casa, dentro l'armadietto dei biscotti.
ripensò alle lettere che aveva lasciato la sera prima nella cassetta della posta e se le ripetè mentalmente.
svuotò il libretto a risparmio lasciandoci poche centinaia di euro e salì in macchina. si diresse verso la città.
non si permise di pensare a niente mentre le lacrime rigavano il suo volto.
non poteva rimanere.
la sera avrebbero trovato le lettere, si sarebbero resi conto che lei era andata via.
via da quella vita, da quegli affetti che aveva paura di sciupare con la sua fobia, via da tutto e da tutti.

non mi cercate, nemmeno a "Chi l'ha visto" (scherzavano sempre sul fatto che uno non poteva nemmeno scappare di casa in pace con la Sciarelli), aveva scritto nella carta che avvolgeva le lettere.

sarebbe mai tornata?